La preghiera
In interiore homine habitat veritas ed Veritas est Deus, scriveva Agostino d’Ippona nelle sue celebrerrime Confessiones. Un’asserzione limpida e densa che attesta come il raccoglimento dell’anima in sé, la sua intimità mistica coincida con una coscienza della profondità di Dio che permette all’uomo di sentirsi, da un lato cosciente del suo nulla, ma dall’altro lato consapevole di avere in Dio i suoi confini. Eco dunque che la preghiera è ad un tempo divenire un solo spirito, come scrive San Paolo, ma anche attestazione profonda che lo Spirito in noi, geme inesprimibilmente attendendo la piena rivelazione della creazione nuova. Ecco dunque che la preghiera cristiana non è né un atto esteriore, né rituale propiziatorio ma intimo riconoscimento di essere creatura, ovvero di dover divenire nella libera adesione al Verbo e nell’apertura allo Spirito, autentica immagine del Padre. Questo per sottolineare che si tratta di un evento trinitario che implica una profonda comunione. Nella tradizione cristiana è emblematica la stupenda esperienza dei Padri del Deserto che accordano la preghiera al respiro e ripetendo il nome di Gesù, in una sorta di sistole-diastole dell’anima lasciano che la vita divina accada nella pienezza. Tuttavia anche la mistica occidentale, da Dionigi Pseudo areopagita a Meister Eckhart attestano la preghiera come quella pura fruizione appassionata nell’abisso di luce del Mistero divino che annulla ogni cosa mortale. E, infine, come dimenticare il Canto spirituale di Giovanni della Croce che muta in poesia un contatto così profondo con Dio tale da divenire quasi carnale, sostanza di luce dell’anima. Che Maria abbia pensato a dare forma orante a quel desiderio che rende l’uomo verticale, dice di una esperienza di autenticità e verità di cui è capace ogni creatura quando sperimenta la generosa gratuità dell’essere, e si sente abitare da una pienezza di vita che la porta alla più vera libertà dello spirito. Paola Mancinelli teologa e filosofa cattolica
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![]() Maria Lampa, Il valore nelle orme del cuore, Marcelli, Ancona 2006 Un libro, quello di Maria Lampa, scritto con leggerezza e con un tratto elegante, capace di andare in profondità e di recuperare l’idea di un esprit de finesse che passa attraverso il dilatarsi del cuore verso orizzonti di stupore e libertà. Se, da ogni parte, oggi, la cultura denuncia l’analfabetismo delle emozioni, ed il declino dell’humanitas, impoverita dalle categorie della bellezza come radice etica, dalla gratuità come forza innocente di resistenza all’imbarbarimento (che nella sua radice originaria significa mancanza di un linguaggio umano, secondo ragione, secondo quel dialogo che da sempre siamo), si può ravvisare in questa pagina densa di pathos il tentativo e l’impegno di ridare un alfabeto emotivo che salvi dal letargo della ragione e del cuore; del resto è questo l’impegno che Maria Lampa vive quotidianamente, nell’auscultazione attenta, paziente e gioisca dell’altro, conscia che è alto compito umano quello di diventare ciò che si è. La riflessione che l’autrice ci offre parte dal quotidiano, dalla spontaneità di un’esperienza di vita che però è memore di come fare le piccole cose come se fossero grandi e vivere il tempo come investitura dell’eternità, sia il modo più vero di partecipare allo spettacolo della vita e condividere l’Opera di una creazione incessante. Così da queste righe può sbocciare una speranza, nonché una capacità di sovvertimento di quanto offende l’uomo nella sua dignità, con la semplice forza di una testimonianza, forza soave e tenace mai impositiva, forza che davvero contraddistingue l’azione umana nel suo mistero ontologico e nella sua originaria vocazione di essere riassunto e coscienza, amorizzazione del mondo. Paola Mancinelli Filosofa, Psicopedagogista, Teologa, Scrittrice |
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